Il cibo, come strumento per veicolare l’emozione.
Quante volte lo abbiamo sentito dire?
La fame emotiva.
Esiste?
Sicuramente!
Molto spesso crediamo che sia legata solo al mancato apprendimento dell’autoregolazione emotiva.
Sono triste e apro la credenza. Quando c’è questo paradigma, é facile intuire l’associazione. In questo caso l’intervento richiede l’apprendimento del paradigma cognitivo.
Se invece la situazione non è così palese, quando, ad esempio, le persone mi dicono che c’è un’abitudine, che fin da piccoli “si mangiava molto” , bisogna andare a indagare che finalità aveva il cibo.
Da che cosa ci allontanava o ci salvava?
Dalla solitudine? (passavo interi pomeriggio a casa da solo, per me era un momento felice, potevo mangiare quello che volevo)
Dalla paura? (avevo paura di mio padre, a cena guardavo il piatto, non voleva si lasciasse nulla )
Dalla vergogna? (mi prendevano in giro a scuola , ricordo il piacere di mangiarmi il panino da solo )
Dalle umiliazioni? (ricordo la prima volta dal dietologo, mi ricordo ancora il suo viso e le sue parole)
Dal senso di colpa? (anche oggi hai mangiato troppo? Devi seguire la dieta!)
Dal non essere all’altezza? (fai come tua cugina che é magra)
…
In questi casi l’intervento cognitivo non è sufficiente. L’EMDR ci aiuta a risolvere queste emozioni profonde e a imparare a volerci bene anche senza il cibo.
Per avere successo non possiamo scindere il corpo dalla mente.